I sardi questi sconosciuti

2 giugno 2020 Francesco Ledda0 commenti postato in cultura, sardegna

Benvenuti cari lettori al secondo articolo sull’identità sarda.

Oggi andremo a vedere un lasso di storia molto ampio ma estremamente importante per i Sardi.

Il periodo che tratteremo va dal nuragico fino all’arrivo dei fenici. Questa divisione temporale è data dal fatto che le definizioni di nazione, stato e popolo sono difficilmente applicabili a civiltà così remote storicamente e quindi con una concezione della società molto diversa dalla nostra.

Quello che possiamo indagare è la visione che si aveva dei Sardi da parte degli altri popoli (visto che abbiamo poche fonti autoreferenti). È una vicenda ricca di misteri e di ipotesi, che spaziano dalle più realistiche alle più fantasiose e per onestà intellettuale opterò per raccontare più punti di vista possibili.

L’epoca nuragica

L’inizio della civiltà nuragica è collocabile durante l’età del bronzo tra il 1800 e il 1600 a.C. e dura fino alla conquista romana nel II secolo a.C. Questa civiltà era discendente di una popolazione neolitica che lasciò eredità sotto forma di menhir, dolmen e domus de janas

L’Isola visse un periodo di splendore, si stimano, infatti, fra i 6000 e gli 8000 complessi nuragici (purtroppo manca tutt’ora un censimento dei siti) e tracce del passaggio di questa civiltà sono riscontrabili in tutto il Mediterraneo.

Si può assumere che vi fosse una koinè sarda, una cultura e un’organizzazione sociale comune a tutti gli abitanti dell’Isola, poiché ritroviamo su tutto il territorio isolano gli stessi oggetti di culto e le stesse strutture: bronzetti, pozzi sacri, tombe dei giganti e Nuraghi (da cui il nome).

Questi ultimi sono centro della chiave di lettura sulla situazione dei Sardi all’epoca e infatti è da ben cinque secoli che si dibatte sulla loro funzione.

Attualmente possiamo citare due scuole di pensiero che vanno per la maggiore.

La prima, supportata principalmente dagli studi del professor Lilliu, li vede come struttura difensiva tramite la quale le popolazioni pastorali e guerriere sarde trovavano riparo da possibili incursioni, attribuendo la funzione religiosa alle tombe e ai pozzi sacri (vista la presenza di statuette votive ritrovate principalmente in quei siti), visione che implica che i Sardi fossero divisi e in combattimento fra loro.

La seconda visione, guarda ai nuraghe come strutture cultuali ed enfatizza la Sardegna come terra di peregrinaggio; punto di vista che la vedeva, quindi, unita.

Il valore della religione nuragica era riconosciuto in varie zone del Mediterraneo.

Come scrissero Aristotele e il suo studioso Giovanni Filippono, vi era un rito che guerrieri e malati compivano presso le tombe degli eroi Sardi , il quale prevedeva il riposo del malato nei pressi delle nostre tombe dei giganti, rito che potrebbe addirittura essere attribuito ai ‘’Sardi copelliti’’ ( i proto Sardi).

I nostri antenati, inoltre, avevano altissime abilità in svariati altri campi: producevano vino (il quale è stato analizzato e riprodotto recentemente), portavano a termine con successo operazioni al cranio, e soprattutto scolpirono statue a tutto tondo secoli prima rispetto ai greci. Quest’ultime sono ovviamente le statue dei Giganti di Monti Prama, che probabilmente erano rappresentazione degli eroi venerati dagli abitanti dell’Isola e non solo.

La diffusione di questo culto è avvalorata dal ritrovamento dei bronzetti Sardi nella tomba etrusca di Cavalupo (nell’antica città di Vulci, nel Lazio), una presenza straordinaria che indica non solo un fiorente scambio culturale, ma anche uno scambio religioso.

Ora mi piacerebbe esaminare la visione delle altre civiltà (proprio per la mancanza della scrittura e la penuria di fonti autoreferenti sarde) contemporanee al popolo nuragico. Una di queste prenderà il nome di Shardana.

Le tracce di quest’ultimi sono molteplici e sono diffuse in tutto il Mediterraneo, dai lingotti di rame che portavano il simbolo Shardana, il pugnale gammato, prima di essere trasportati nell’Isola per la lavorazione del bronzo, alle raffigurazioni di guerrieri vestiti come i nostri bronzetti nella tomba egiziana di Abu Simbel.

I riferimenti a questo popolo navigatore, forgiatore e guerriero sono costanti, dalle corrispondenze dei faraoni alla Bibbia, dalle fonti greche e cretesi fino alla stele di Nora che, seppur ancora celi misteri per i traduttori, presenta chiaramente le lettere SRDN.

Proviamo a ricostruirne la storia.

Un riferimento ad un popolo chiamato Shardana (Srdn) si trova nelle lettere di Amarna, una corrispondenza fra il faraone Akhenaton e Rib-Hadda di Biblo, databili intorno al 1350 a.C., dove vengono descritti come pirati e mercenari disponibili ad offrire i loro servigi.

Una scoperta interessante datata a questo periodo è il relitto di Uluburum contenente i lingotti di rame con il pugnale gammato insieme al sigillo reale attribuibile alla regina Nefertiti.

Una successiva menzione, più rilevante, l’abbiamo nel 1278 a.C., durante il regno di Ramses II, quando gli Shardana fecero parte della guardia personale del faraone. Erano talmente importanti che salvarono la vita al faraone durante la battaglia di Qadeŝ (1374), per questo il sovrano sulle mura del tempio di Abu Simbel fece descrivere la loro forza.

Nella stele di Tanis vengono descritti come: «I ribelli Sherdana che nessuno ha mai saputo come combattere, arrivarono dal centro del mare navigando arditamente con le loro navi da guerra, nessuno è mai riuscito a resistergli».

Negli anni seguenti, le ondate dei ‘’popoli del mare’’, nel quale erano inclusi anche i Shardana, entrarono più volte in conflitto con i faraoni Meremptha e il suo erede Ramses III, il quale subendo una sconfitta contro di loro gli concesse di stanziarsi nelle zone della Palestina (sempre sotto il dominio faraonico) .

Alcune teorie ed ipotesi, collocano il libro biblico dell’Esodo proprio durante questo periodo, quando i popoli immigrati in Egitto dovettero combattere e allontanarsi dalle terre egiziane; anche il nostro popolo guerriero era incluso fra questi e probabilmente nella Bibbia è indicato come appartenente alla tribù di Dan (la quale è descritta come tribù di navigatori e abili forgiatori del bronzo, e sono citati come creatori dell’Arca dell’Alleanza) o di Zabulon. I riferimenti biblici a questo popolo finiscono proprio dopo l’Esodo e il successivo arrivo in Mesopotamia, momento in cui si ebbero le prime notizie dei Fenici.

Ora con qualche ipotesi, che rimane tutt’ora una semplice ipotesi, possiamo azzardare l’idea che gli stessi Shardana (arrivati in Palestina) non siano altro che i Fenici, che una volta tornati in Sardegna ebbero un rapporto pacifico con il popolo Isolano col quale ebbero relazioni di scambio commerciale e culturale.

Seppur da prendere con le pinze, le teorie risultano sempre affascinanti, ed essendo quella nuragica una storia ancora da esplorare a fondo, esse non possono mancare.

In quest’articolo abbiamo visto che l’Isola ha avuto un popolo dalla cultura omogenea, ma ovviamente non possiamo sostenere che vi fosse uno stato unitario o nella maniera più assoluta una nazione, ma sicuramente possiamo ritrovare una koinè e un forte carattere identitario di un popolo che ha lasciato una forte eredità (in gran parte ancora da scoprire) nel Mediterraneo.

Francesco Ledda

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